CRONACA – La Finanza scopre broker che operava nel Torinese con lo ‘Schema Ponzi’. Decine di truffati
La Guardia di Finanza di Torino, al termine di complesse indagini di polizia giudiziaria ha eseguito un’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale eporediese che ha disposto nei confronti di un broker la misura cautelare dell’obbligo di dimora per il reato di abusivismo finanziario nonché un apposito decreto di sequestro preventivo per circa 500 mila euro, quale profitto del reato commesso.
Le indagini, svolte dai Finanzieri del Gruppo Ivrea anche attraverso l’ausilio delle intercettazioni telefoniche e l’esame di copiosa documentazione bancaria, hanno consentito – fatta salva la presunzione di innocenza fino a compiuto accertamento delle responsabilità – di raccogliere elementi ritenuti idonei a comprovare la sussistenza di condotte penalmente rilevanti in capo a un ex consulente finanziario (cancellato dal previsto albo unico), il quale, dopo aver cessato il proprio rapporto di collaborazione con primari istituti bancari nazionali, ha avviato – abusivamente – una propria autonoma attività di mediatore finanziario. Per tale scopo egli ha costituito dapprima una impresa individuale e, successivamente, una società di capitali dal medesimo di fatto amministrata (entrambe non iscritte né all’albo dei consulenti finanziari né a quello degli intermediari finanziari ovvero delle società di intermediazione mobiliare).
Ai clienti venivano promessi lauti guadagni sulle somme investite. In particolare, il modus operandi adottato consisteva nel presentarsi ai potenziali investitori (sovente persone anziane o comunque prive degli strumenti e delle capacità necessari per comprendere il tipo e la natura dell’operazione nonché il relativo grado di rischio) come professionista esperto di mercati finanziari, proponendo loro di affidargli i propri risparmi per investirli sul mercato azionario; gli interessi attivi prospettati erano compresi tra il 15% e il 18% annuo, con liquidazione mensile dei rendimenti derivanti dalla compravendita dei titoli.
Il rapporto di intermediazione veniva sugellato con la sottoscrizione tra le parti di una “lettera di incarico”, in cui, a fronte delle prestazioni finanziarie rese, era pattuito il riconoscimento di un compenso parametrato agli importi realizzati.
Ottenuta l’adesione dei potenziali clienti, l’ex consulente finanziario richiedeva loro di accendere un conto corrente ad hoc presso un noto istituto di credito, su cui fare confluire il capitale da investire e, nel contempo, di consegnargli le credenziali per accedere ai sistemi informatici bancari. Successivamente, attraverso il servizio di home-banking, lo stesso convertiva parte delle somme depositate sui conti correnti in USD e, quindi, effettuava attività di compravendita giornaliera dei titoli azionari sul mercato americano (con la tecnica del c.d. trading intraday).
Il broker eseguiva le operazioni di investimento avvalendosi delle disponibilità presenti o direttamente sui conti correnti accesi dai singoli risparmiatori o su conti correnti “recipiente”, intestati a persone rientranti nella propria cerchia familiare (su cui venivano bonificate somme di denaro tratte dai conti correnti dei clienti).
I risultati della gestione finanziaria erano tuttavia, nella maggior parte dei casi, negativi (anche in conseguenza del frequente ricorso alla c.d. “leva finanziaria”, utilizzata invano per cercare di aumentare i rendimenti ottenuti dalla compravendita dei titoli azionari). Il broker pertanto, al fine di illudere i risparmiatori circa il buon esito delle proprie attività di trading, bonificava, secondo le scadenze pattuite, l’importo dei presunti rendimenti conseguiti, utilizzando in parte quote dello stesso capitale versato dai risparmiatori e, in parte, somme distratte dai conti correnti di altri clienti e di famigliari secondo le dinamiche del noto “schema Ponzi”. Ciò fino a quando l’esiguità delle provviste complessivamente disponibili non ha reso più sostenibile tale meccanismo.
Nella rete dell’ex consulente finanziario risultano complessivamente caduti 56 ignari investitori, i quali hanno affidato allo stesso risparmi per oltre 10 milioni di euro.
Attraverso la propria abusiva attività l’indagato ha conseguito un profitto illecito quantificato in circa 500 mila euro, derivante dai “servizi di consulenza” svolti, oggetto della misura cautelare reale eseguita. Quest’ultima ha riguardato, in particolare, due autoveicoli di recentissima immatricolazione (in cui erano stati reinvestiti parte degli illeciti guadagni) e disponibilità finanziarie. Inoltre, sono stati sottoposti a sequestro probatorio 190 monete d’oro e orologi di lusso.
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