Dacia Maraini. A Letti di Notte racconta la peste di Messina del 1743, per riflettere sul COVID. Stasera è la volta di Vincenzo Venuto
Il tema della peste, o di pandemie simili e ugualmente catastrofiche, è presente da sempre nella letteratura. Dallo storico greco del quinto secolo a.C. Tucidide, ad Albert Camus, passando per Lucrezio, Boccaccio, Manzoni e molti altri; la paura dell’epidemia e le reazioni al morbo della gente hanno riempito pagine e pagine di libri. La diffusione del Covid e le relative misure per limitarne la diffusione, hanno spinto Dacia Maraini, a scrivere un romanzo sulla peste che colpì Messina nel 1743, che fece 28.000 vittime (praticamente la popolazione di Carmagnola), uccidendo oltre il 70% della popolazione.
La scrittrice è stata ieri sera ospite alla quarta serata di Letti di Notte nel cortile della Vigna di Carmagnola. Annunciata al pubblico da Claudia Maero, della biblioteca di Carmagnola, stimolata nelle riflessioni da Luca Ferrua, giornalista de “La Stampa”, Dacia Maraini ha presentato “Trio”, un libro dal forte rigore storico, ma soprattutto un libro sul rapporto di ferrea sincera amicizia che mette due donne a confronto con l’amore e la passione per lo stesso uomo. “I riferimenti storici sono reali, la descrizione della Messina del 1743 è ricavata dalle ricerche che ho fatto, mentre l’intreccio della storia è frutto della mio voglia di indagare su come poteva essere un rapporto fra due donne, Annuzza e Agata, amiche fin dall’infanzia, innamorate entrambe di Girolamo, marito di quest’ultima” afferma Dacia Maraini dando le prime pennellate sulla struttura del suo libro. “Ero anche interessata a esplorare come in questa situazione si sviluppassero le paure del diverso, dello straniero, dell’untore, la ricerca del colpevole dell’esplosione del morbo, la ricerca di soluzioni improbabili, i rimedi proposti da profittatori, i fasulli che cercano di ottenere i vantaggi da ogni situazione. Un aspetto di 280 anni fa non dissimile da quello che stiamo vivendo oggi con il Covid, seppur con le dovute differenze che la tecnologia moderna ci ha portato”, sottolinea ancora la scrittrice toscana di nascita, che ha trascorso parte dell’infanzia in Giappone (vivendo il dramma dell’internamento in campo di concentramento) poi a Bagheria (paese della Sicilia cui ha dedicato un romanzo).
Parallelismi storici fra il passato e il presente che portano Dacia Maraini a riflettere sull’oggi della società. “Gli esseri umani non cambiano, se guardiamo all’evoluzione sociale del genere umano” dice ancora Dacia Maraini che sembrerebbe porsi nei confronti della vita in modo pessimistico. “Rispetto al passato alcune grandi aberrazioni sono state cancellate; come la schiavitù che fino a un paio di secoli fa era presente in molte società, accettata e considerata normale anche dai filosofi e pensatori. O la cancellazione della pena di morte, che molto lentamente sta scomparendo dagli ordinamenti legislativi delle nazioni (l’Italia, figlia della dottrina di Cesare Beccaria, fu la prima nazione ad abolirla nel 1889, anche se reintrodotta dal 1930 al 1944 sotto il regime fascista). Stiamo vivendo un momento di crisi delle ideologie e delle utopie che avevano caratterizzato gli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso. Anche perché gli obiettivi sociali stanno cambiando. Non esiste più la lotta di classe, perché le esigenze delle classi sociali sono cambiate rispetto a settant’anni fa. Le prossime istanze andranno verso una miglior fruizione dell’ambiente, riparando i danni fatti negli anni passati inseguendo miti, come l’industrializzazione estrema, e in questo i giovani sapranno farsi valere” scommette Dacia Maraini.
A portare verso questa presa di coscienza sarà la Società, anche se dietro questo termine si cela un universo ectoplasmatico. “Dobbiamo lavorare sulla scuola, sulla formazione degli insegnanti che a loro volta dovranno diventare formatori di cittadini, più che costruire medici, ingegneri e avvocati. Gli insegnanti hanno fatto un grande lavoro in questo periodo di clausura, nonostante i mezzi non sempre adeguati alla situazione. Ecco bisogna orientare le risorse al miglioramento della scuola e la sanità” indirizza ancora Dacia Maraini, che si è poi sottoposta alle domande finali dei lettori (Arianna Biglia, Davide Capra, Agata Violo e Milena Sassi, allievi del Liceo Baldessano-Roccati di Carmagnola, e Ornella Stella, frequentatrice della biblioteca di Carmagnola), tornando a parlare di “Trio”, il romanzo protagonista della serata.
“Ho scelto di scrivere il romanzo in forma epistolare, perché quella era la forma di comunicazione più usuale all’epoca. Filosofi, scienziati e letterati dell’epoca si scambiavano lettere in continuazione e la forma di romanzo epistolare era comunissima. Il Settecento è un secolo affascinante, anche se allora l’analfabetismo era imperante ed era quasi impensabile che le donne imparassero a leggere e scrivere. Ma Agata e Annuzza fanno eccezione. Non solo hanno imparato da bambine l’arte del ricamo, ma si sono appassionate alla lettura, diventando avide consumatrici delle avventure del Cid e Ximena. Una dimostrazione di come i tempi stessero cambiando, con l’Illuminismo che iniziava ad attecchire nella società e non solo nelle menti dei grandi pensatori” racconta ancora la scrittrice, che passa poi a esaminare i personaggi protagonisti. “Agata e Annuzza sono due donne che scelgono di restare amiche nonostante siano innamorate dello stesso uomo, riuscendo a contenere gelosia e voglia di possesso esclusivo” dice Dacia Maraini, passando poi a descrivere Girolamo, il protagonista maschile, sul quale si intrecciano opinioni diverse fra la scrittrice, più tollerante, probabilmente grazie alla saggezza derivante dall’età, e una lettrice che considera Girolamo un egoista approfittatore. “Nessuno di noi condanna Ulisse, che pure impiega dice anni a tornare a casa dalla moglie, soffermandosi per un lungo tempo con Circe e Nausicaa, piuttosto che dirigere la vela verso Itaca. Girolamo è così. Sempre alla ricerca di nuove opportunità e situazioni, indole che giustifica, come fanno molti uomini con un ‘Sono fatto così’ chiedendo l’accettazione di chi gli è attorno”.
Se il dibattito sui personaggi accende ulteriormente la curiosità verso “Trio” a stupire è la risposta alla domanda di quali siano state le letture e gli autori formativi per la giovane Dacia Maraini. “All’età di sei anni, nel 1943, fui internata in un campo di concentramento in Giappone assieme alla mia famiglia. Lì non erano concessi libri e allora furono i miei genitori a tenere vivo il mio interesse. Mio padre Fosco mi parlava dei filosofi e di scienza, mia madre Topazia mi raccontava favole, fra le quali mi colpì particolarmente quella di Pinocchio. Che poi ho letto in età adulta, scoprendo la bellezza sia della storia, sia del modo di scrivere di Carlo Collodi, capendo l’intensità del desiderio di Mastro Geppetto, uomo in età avanzata e senza moglie, di avere un figlio. La descrizione del desiderio di paternità di Mastro Geppetto è coinvolgente” conclude Dacia Maraini che finita la chiacchierata sul palco della cascina Vigna, accetta di buon grado la liturgia del firma copie al suo libro “Trio”, già presente sugli scaffali della biblioteca di Carmagnola.
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