Crisi e sovraindebitamento, un convegno al Tribunale di Torino
TORINO – La crisi economica che interessa l’Italia da decenni ha caratteristiche strutturali rispetto alle quali non si intravvedono oggi strategie efficaci di uscita: di conseguenza il suo protrarsi ha accresciuto le diseguaglianze, con ricadute negative sulla vita quotidiana di imprenditori e cittadini comuni anche appartenenti al ceto medio alto, che vivono situazioni di povertà.Cause principali della povertà attuale sono la mancanza di lavoro e il sovraindebitamento, che colpisce circa 21 milioni di cittadini. Uno strumento efficace è la Legge 3 del 2012 definita non casualmente “anti usura”, “salva suicidi” e “salva famiglie”, che offre l’opportunità di esdebitarsi. E’ questa la base da cui parte il convegno dal titolo «I segnali della crisi d’impresa e del sovraindebitamento. Lo studio e l’analisi dei fattori economici, sociali e psicologici quali strumento preventivo per contrastare le crisi d’impresa e di sovraindebitamento», di cui si parlerà venerdì 15 novembre nel corso di un incontro in programma presso il Tribunale di Torino, in corso Vittorio Emanuele II 130, nella maxi Aula 2, dalle ore 15 alle 18.30. Un tema che sarà presentato da Arnaldo Narducci, Avvocato; e Carmine D’Elia, dottore Commercialista; a cui seguiranno i saluti istituzionali di Roberto Rosso, Assessore della Regione Piemonte; e Francesco Zarba, vice Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Torino. Moderatore Gianni Firera, esperto in relazioni istituzionali e comunicazione.Relatori sono Maurizio Irrera, professore di Diritto Commerciale all’Università degli Studi di Torino che parlerà degli effetti della riforma fallimentare nella gestione della Crisi d’Impresa. Umberto Rosati, ricercatore della Facoltà di Economia di Torino, degli effetti della crisi d’impresa e del sovraindebitamento sull’economia reale. Seguiranno i contributi dello psicologo Roberto Cardaci, del ricercatore Ires Renato Cogno dell’antropologo Alberto Salza, mentre Dora Picasso, psicologa, si soffermerà dalla non accettazione della causa di “fallimento” alla gestione psicologica dei soggetti colpiti dalla crisi.
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