Margherita Giacobino svela “L’età ridicola” grazie al Gruppo di lettura di Carmagnola
CARMAGNOLA – Tradizionale appuntamento di fine mese, giovedì scorso alla Trattoria della Vigna, con la scrittrice torinese che presenta il suo ultimo lavoro, un’accurata descrizione della quarta età immersa nel noir dello humor e forse del poliziesco, un noir ironico nel linguaggio che non fa certo difetto a Margherita Giacobino
C’è stata l’età del ferro, del bronzo e dell’oro e molto probabilmente il Terzo Millennio verrà etichettato come “l’età ridicola”. Un’età ridicola perché nulla è come sembrerebbe essere, dimostrandosi il più delle volte più virtuale che reale, più un prodotto dell’onirico computer che di una solida realtà. Ma anche la vita delle persone attraversa l’età del ferro, del bronzo, dell’oro per poi declinare nell’età ridicola, che al giorno d’oggi, visto il prolungarsi dell’età media, si è traslata nella quarta età.
Quando anagraficamente inizi l’età ridicola è soggettivo ed indefinito e Margherita Giacobino, analitica scrittrice torinese colloca, l’età della protagonista del suo ultimo lavoro sulla novantina. Una protagonista che non ha un nome, che nel romanzo passa con agilità dalla terza persona all’io di voce narrante, che viene semplicemente definita “la Vecchia”. Semplice e lineare definizione, come una coltellata dei tanti noir che affollano la letteratura torinese, ma che ha subito lo scopo di chiarire che in questo romanzo, ed anche nell’autrice, il melenso politically correct non esiste. Quando sei vecchio puoi definirti diversamente giovane?
Partendo da questi presupposti Margherita Giacobino ci offre, usando tutte le sue capacità di gestire le parole e le immagini, una serie di pensieri e di paure che condizionano l’età ridicola, che sono presenti in molti di quelli che ne varcano la soglia di ingresso, mentre possono essere di stimolo e di riflessione per chi vive ancora nell’età dell’oro, ma ha sicuramente nella sua cerchia persone che nell’età ridicola ci sono e la stanno vivendo.
La Vecchia, però, non è un personaggio molle e decadente. Cammina con il bastone e spesso deve appoggiarsi al braccio della sua colf/badante Gabriela, ma è una decisionista, una che dice pane al pane, vino al vino, non ha paura di confrontarsi con il mondo esterno e gli squali che nuotano, come sempre accaduto nella storia dell’uomo, in questo Terzo Millennio, che per chi vive, bene o male a Torino, forse è meno drammatico del secolo passato, ma ha partorito nuove paure, nuove violenze, nuovi mostri.
L’età ridicola è anche un romanzo d’amore; la storia di un amore finito perché è facile scrivere di un amore che sboccia, che esplode nel firmamento dei sentimenti con le sue passioni travolgenti e coinvolgimenti, un amore che parte dal presupposto del vissero felici e contenti. Troppo facile. Più difficile descrivere un amore che non c’è più e non importa se a scioglierlo è stata la volontà umana oppure il destino. Un amore di cui rimangono, però, tutte le sensazioni, i ricordi, i contatti e i profumi che fanno diventare realtà di oggi la realtà di ieri, l’altro ieri, l’altro secolo.
L’età ridicola è un romanzo di personaggi, oltre che di grandi donne. Personaggi titanici descritti con colpi di pennello che ci dicono spesso poco del loro carattere fisico, ma moltissimo della loro personalità. Ed ecco allora Gabriela, la giovane virginea colf/badante che ha come contraltare Ana, che ne è esattamente il contrario (ma per tutto il libro la Vecchia ci instilla il dubbio che la buona e sensibile immigrata, piccola bugiarda, sia proprio come viene descritta); la famiglia famelica ed approfittatrice immigrata dall’Est di Gabriela, come è famelica ed approfittatrice la torinesissima famiglia di Malvina, congiunti che non esitano ad appropriarsi dei beni della donna, unica amica con cui la Vecchia possa ancora condividere spese al mercato, passeggiate e soste in caffetteria per pasticcini che riconciliano con la vita, quando Malvina esce definitivamente di senno a seguito di un furto con destrezza che subisce nella propria casa. Un fatto che quotidianamente le cronache giornalistiche ci raccontano. È personaggio importante anche il gatto Veleno, anche lui affondato nell’età ridicola degli acciacchi e dello scatarramento, ma ancora capace di dare conforto e sostegno alla Vecchia, anche se non ha più il vigore della gioventù quando il felino seppe vincere la morte (per veleno appunto) e come un antico guerriero battere l’avversario. E poi una galleria che comprende Max, l’amico dei tempi passati e ora raggiungibile, con fatica, solo per telefono, il marocchino che chiede l’elemosina all’angolo, il verduriere non più proprietario del suo negozio, il fabbro Ciro, che se la Vecchia non fosse atea considererebbe un angelo perché compare sempre nel posto giusto al momento giusto. Ed infine Dorin, quasi un fantasma amletico per tutto il libro, cugino di Gabriela, in odore di terrorismo che la vorrebbe sposare e farne la schiava del suo focolare.
Margherita Giacobino, però, non dimentica che in copertina del volume c’è una pistola in mano ad una giovane ragazza e dopo aver costruito tutto il romanzo abbastanza lontano dai presupporti dell’omicidio, con un coup de théâtre ci riporta nell’atmosfera thriller che anche la quarta di copertina ci suggerisce. Il tutto descritto con quel vigore ed umorismo che anche alla Vecchia, seppur spesso astiosa ed ormai completamente immersa nell’età ridicola, non mancano.
Prossimo Aperilibro: Nadia Terranova “Addio fantasmi”
Ida è appena sbarcata a Messina, la sua città natale: la madre l’ha richiamata in vista della ristrutturazione dell’appartamento di famiglia, che vuole mettere in vendita. Circondata di nuovo dagli oggetti di sempre, di fronte ai quali deve scegliere cosa tenere e cosa buttare, è costretta a fare i conti con il trauma che l’ha segnata quando era solo una ragazzina. Ventitré anni prima suo padre è scomparso. Non è morto: semplicemente una mattina è andato via e non è più tornato. Sulla mancanza di quel padre si sono imperniati i silenzi feroci con la madre, il senso di un’identità fondata sull’anomalia, persino il rapporto con il marito, salvezza e naufragio insieme. Specchiandosi nell’assenza del corpo paterno, Ida è diventata donna nel dominio della paura e nel sospetto verso ogni forma di desiderio. Ma ora che la casa d’infanzia la assedia con i suoi fantasmi, lei deve trovare un modo per spezzare il sortilegio e far uscire il padre di scena. Giovedì 18 aprile 2019, ore 19.30 – Trattoria della Vigna, Carmagnola tel. 392 59.38.504
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