CARMAGNOLA – All’Aperilibro Beppe Gandolfo ha cantato l’epica storia di “Gigi Meroni, l’artista campione”
CARMAGNOLA – Se fosse nato nella Grecia classica, Beppe Gandolfo, invece di entrare nelle case come cronista televisivo, sarebbe stato un aedo ed avrebbe girato di corte in corte per cantare le gesta degli eroi che sono la spina dorsale della tragedia greca. Probabilmente accompagnato da un suonatore di lira.
Nel terzo millennio cambiano i mezzi tecnici, ma si ha ancora bisogno di sentire grandi vicende umane e commuoversi alle storie di eroi moderni. Beppe Gandolfo lo ha dimostrato pienamente giovedì 30 giugno nella “Sala Monviso” della Cascina Vigna di Carmagnola quando ha presentato il suo libro “Meroni, l’artista campione”. La serata, ultimo appuntamento primaverile del Gruppo di Lettura Carmagnola, ha avuto uno svolgimento assolutamente diverso dal consueto, senza il solito dialogo fra scrittore e intervistatore, ma con l’autore che focalizzava l’interesse sui vari capitoli del suo libro. Il tutto punteggiato dalla musica suonata alle tastiere da Stefano Cornaglia e cantata in coro da… tutta la platea in sala. Una presentazione che si è trasformata in musical.
Il libro su Meroni, fantasioso attaccante del Toro, perito tragicamente il 15 ottobre 1967, nacque un anno prima nella redazione de “La Stampa” che si preparava a ricordare il mezzo secolo dalla tragica scomparsa della popolare “farfalla granata” con un volumetto che doveva uscire in coincidenza di quell’evento. Impresa non semplice, affidata a Beppe Gandolfo, che aveva (ed ha) dalla sua competenza giornalistica e soprattutto un’indiscutibile e ben documentata fede granata.
“Scrivere un libro su Meroni non è cosa facile. La vita calcistica di Gigi è ben documentata, si sa praticamente tutto dai suoi esordi nel campetto dell’oratorio di Como alla chiamata all’Inter (rifiutata dalla madre Rosa, che aveva paura che la grande città corrompesse il suo bambino quindicenne), le partite con il Como, il passaggio al Genoa ed infine il Toro. La storia di quella maledetta domenica sera è stata raccontata in mille cronache e migliaia di articoli; l’ostracismo dell’allenatore della nazionale Edmondo Fabbri e dell’Italia benpensante (o più semplicemente bigotta) per un ragazzo che vestiva fuori dagli schemi e soprattutto viveva con una donna sposata (come peraltro vissuta pochi anni prima anche da un altro grande dello sport italiano: Fausto Coppi)”.
Beppe Gandolfo è andato perciò a ripescare le sue memorie di quegli anni (aveva otto anni nel 1967), quando sentiva le partite alla radio (“Trasmettevano solo il secondo tempo in ‘Tutto calcio minuto per minuto’ con la voce di cronisti come Enrico Ameri”) e soprattutto le sue emozioni e la sua musica. Ne è nato un libro commovente, che oltre al doveroso ricordo del goal capolavoro di Meroni all’Inter (12 marzo del 1967) racconta la vicenda umana di questo umile ragazzo di provincia, che viveva fuori dagli schemi non per esibizionismo ma perché si sentiva semplicemente così. Racconta il suo grande e unico amore (oltre al pallone) per Cristiana, donna bellissima e sposata, che però tornò ad essergli a fianco per il periodo più importante della sua vita; donna con la quale stava per scardinare le ipocrisie del tempo, ottenendo l’annullamento dalla Sacra Rota del suo matrimonio e che Gigi avrebbe sposato in quell’inverno. Il libro evidenzia gli aspetti umani più nascosti dell’uomo Gigi Meroni, emersi prepotentemente solo dopo il suo funerale. E per raccontare questi aspetti, sia nel libro sia durante la serata nella sala Monviso, non c’era nulla di meglio che abbinare ogni capitolo ad una canzone: da “Che colpa abbiamo noi” dei Rokes del 1966 che sottolinea la diversità innocente di Meroni, all’oratorio di “Azzurro” del 1968 di Paolo Conte e Adriano Celentano. Dalla dolcissima “Mi sono innamorato di te” di Luigi Tenco del 1962 che racconta il suo amore per Cristiana, all’arrivo in Paradiso di “Stairway to heaven” dei Led Zeppeling, passando per “Samarcanda” di Roberto Vecchioni, perché al destino non si può sfuggire. Nemmeno se ti chiami Gigi Meroni. Senza dimenticare che “gli eroi sono tutti giovani e belli” come ci rammenta Francesco Guccini nella Locomotiva, perché la morte a soli ventiquattro anni ha consegnato Gigi Meroni nel pantheon della tragedia umana. Una tragedia che Beppe Gandolfo ci ha cantato nella serata, commovente e simpatica al tempo stesso, della Vigna e nel suo libro “Meroni, l’artista campione”.
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